LA CASA DEL POETA: APPUNTI DI VIAGGIO

La Garfagnana, gola verde incastrata tra le Apuane e l’Appennino, riserva sorprese sia che tu la risalga fino a Piazza al Serchio e oltre, sia che tu la ridiscenda attraversando Castelnuovo, direzione di Barga-Lucca.

Il 6 agosto scendendo verso Lucca, nonostante la stanchezza e l’ancora lungo viaggio per tornare a casa, ho convinto mio marito a visitare Castelvecchio.

Ricordate I CANTI DI CASTELVECCHIO? Ricordate Giovanni PASCOLI?

Ecco, proprio in Garfagnana, sotto il bel paese di Barga, precisamente in località Castelvecchio, il poeta ha vissuto i suoi momenti migliori e lì riposa insieme alla sorella Mariù in una cappellina annessa alla casa.

Lasciata la Provinciale, si parcheggia l’auto in un piazzale prediposto, poi si sale verso l’alto della collina dove si trova un borghetto costituito da due o tre palazzotti, un vecchio lavatoio e varie case disabitate e cadenti; dietro un corso d’acqua invisibile perché ricoperto dalla vegetazione, davanti un paesaggio mozzafiato sulle cime delle Apuane.

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La casa del poeta si trova sulla sinistra, cortile con giardino, facciata ocra molto ben tenuta, un ingresso che pensiamo sia l’originale, invece è quello dell’asilo fatto costruire da Maria Pascoli in memoria dei genitori e ora sede della Fondazione casa – museo Giovanni Pascoli e della mostra provvisoria del pittore CIRO PALUMBO con opere che interpretano alcuni versi del poeta (Ut pictura poesis).

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Prendiamo i biglietti per la visita e veniamo condotti innanzitutto nella cappellina la cui porta dà sul cortile. Davanti a noi il grande sepolcro di marmo in cui riposano insieme Giovanni e la sorella Maria, intorno scranni e inginocchiatoi, quadri con soggetti religiosi alle pareti. Provo una spiacevole sensazione di muffito che non mi lascia neppure quando saliamo le scale interne della villa per giungere all’ingresso e uscire nella luce del giardino.

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Scendiamo in giardino che prosegue dritto con un vasto orto/vigna fino alla chiesetta di San Niccolò. In giardino una colonna al centro di un’aiuola di arbusti indica la tomba dell’amato cane, più in là il pozzo a cui attingevano acqua, alla destra dell’ingresso un portico di archi a due piani   che il poeta chiamava colosseo e che usavano come limonaia.

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Torniamo all’interno tramite l’ingresso principale.

A piano terra visitiamo la cucina che conserva le stoviglie di un tempo, il soggiorno e la stanza di lavoro di Maria.

Saliamo al primo piano tramite una scala di pietra e ci troviamo nell’ampio studio sul quale si affacciano le porte di tre o quattro camerette.

La stanza più affascinante è senz’altro lo studio, colpiscono le tre scrivanie usate dal poeta per lavorare contemporaneamente a opere diverse per genere e lingua (italiano, latino, greco).

Mi emoziona perchè riesco a immaginarmelo preso da intenso lavoro e vivace ispirazione in quanto anch’io ho avuto un periodo in cui lavoravo contemporaneamente a più cose e dovevo, ahimé!, continuamente sostituire il materiale sopra la scrivania.

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Ma lo spazio libero, finalmente del tutto arioso e in un certo senso immenso è quello del grande terrazzo in fronte alle Apuane. Lì Giovanni deve essere stato proprio bene, lontano dalla vita sociale, nascosto nel suo nido, avrà potuto sbrigliare la propria fantasia e liberare la sua ispirazione poetica.

Lì sono nati I CANTI DI CASTELVECCHIO, ed è un piacere pensarlo.

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QUALCHE CHIACCHIERA

Pascoli lavorava al Liceo di Livorno quando qualcuno gli indicò questa villa settecentesca come luogo tranquillo per trascorrere le vacanze. Nel 1895 la prese in affitto  dai  Cardosi -Carrara e l’abitò ogni volta che era libero dai suoi impegni scolastici. L’acquistò nel 1902. Per raggiungere la cifra pattuita dovette  vendere anche le 5 medaglie d’oro che aveva vinto partecipando ai concorsi per le opere in lingua latina. In essa, insieme alla sorella Maria, ricostruì il “nido” che gli era stato distrutto nell’infanzia. In essa visse il periodo più florido della sua ispirazione poetica.

Nella mia esplorazione  ho scoperto che è morto di cirrosi epatica, causa la sua dipendenza dall’alcool, a soli 57 anni. Anche lui allora, professorone sapientissimo di latino e greco, era un debole umano, umano e sofferente. E come poteva non esserlo, essendo un poeta?

Tutta la sua vita sembra fatta di costrizioni. La casa che, invece che con la sposa desiderata, ha condiviso con la sorella,  il grande senso di responsabilità dimostrato nei confronti dei familiari sopravvissuti alle numerose disgrazie familiari, pure la metaforica sensazione di muffito che aleggia per le stanze, mi parlano della sua fragilità, rendendomelo ancora più caro.

…E mi vidi quaggiù piccolo e sperso errare, tra le stelle, in una stella.” (da Il bolide)

 

 

 

 

IN LINEA CON IL POETA – in dormiveglia – 7 agosto 2023

 

“Non si torna nel mondo senza carezze”

“In quella collina dove correvi bambina ti andrai a cercare”

“Godrai lo stupore del Mondo”

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