I confini dell’acqua

I CONFINI DELL’ACQUA

Fotopoesie

VALENTINO VITALI

CARMEN LAMA

YOUCANPRINT

YCP_L_9791221436594

Il mondo con tutte le sue cose non è né bello né brutto, semplicemente è.  Siamo noi esseri umani che ne “vediamo” la bellezza e la bruttezza. Chiedersi cosa sia questa bellezza che tanto ci esalta e ci spinge a fare è inutile. Non troveremo mai una risposta. Anche la Bellezza è. Potremmo dire che E’ IN NOI e ci dà piacere, gioia, voglia di vivere, stupore; a volte, quando è davvero tanta e non la conteniamo, pure sgomento. Siamo Noi che senza sapere come e perché attribuiamo il bello alle cose del mondo che siano viventi o non viventi, pensieri o opere d’arte.

Ma poiché, come afferma Platone, Eros è desiderio di possedere la Bellezza e di possederla per sempre, ecco che gli artisti commossi cercano di “possederla per sempre” fermandola nelle proprie opere. E così possono nascere libri dove due arti congiunte, la fotografia e la poesia, si richiamano l’una con l’altra e risuonano, per “eternare” istanti di bellezza che altrimenti il tempo cancellerebbe l’attimo dopo.

E’ ciò che hanno fatto VALENTINO VITALI e CARMEN LAMA nel libro I CONFINI DELL’ACQUA.

“ Il titolo vuole esprimere l’inutilità di tracciare confini in questo nostro breve tempo di esistenza e nel mondo che non ci appartiene, ma sul quale siamo stati solo temporaneamente proiettati…”

affermano gli autori nell’introduzione, dandoci subito conto della raggiunta consapevolezza riguardo la fragilità e precarietà dell’essere umano e il rispetto dovuto alla nostra casa-mondo ,che tanto sa affascinarci con la sua bellezza, se solo torniamo capaci di fermarci a contemplarla e viverla.

“…Vivere il magnetismo dei colori

assaporare la bellezza pura

ascoltare la forza del silenzio

è un’esperienza mistica speciale-…” (Nei momenti)

Ed è con spirito di contemplazione che Vitali scatta le sue foto paesaggistiche scaldandoci il cuore con immagini suggestive dei “suoi luoghi” che sono anche quelli di Carmen: il lago e le montagne in esso rispecchiantesi, i caseggiati lungo lago, i sentieri dei boschi, qualche panchina solitaria, qualche barchetta arenata; aspetti di un paesaggio che potrebbe sembrare ripetitivo perché conosciuto, ma che è sempre diverso a seconda dei giochi della luce e delle stagioni.  Come in un controcanto Carmen Lama, di fronte alla bellezza delle foto che raccontano la bellezza di paesaggi anche a lei familiari, entra nelle immagini, lascia che divengano medium tra lei e il tu di riferimento poetico, tra lei e i sentimenti del fotografo, tra lei e i propri sentimenti.

Un tramonto sul lago diventa “un istante perfetto” oppure “un rogo”

“Non lumi di memoria né ricordi

ma solo la bellezza dell’istante

che non si perderà

incastonato com’è tra terra e lago…” (D’un istante perfetto)

“Un rogo si consuma ad Occidente

tra faglie sfrangiate – altolevate in riccioli e volute

in questa sera che accoglie scintille…” (Un tramonto)

Un natante in corsa  solitaria in mezzo al lago le ispira senso di solitudine ma anche di totale libertà

“In ques’infinita distesa di solitudine

lasciarsi indietro una scia dorata

e andare soli

incontro ad un futuro

aperto a ogni possibile…” (In questa infinita distesa)

Man mano che procediamo nella visione delle foto e nella lettura della poesie veniamo avvolti da una speciale malinconia, come spesso i paesaggi lacustri comunicano e che i due artisti hanno saputo renderci in immagini e parole; una malinconia buona, generatrice di riflessioni profonde e condivisibili sulla propria e altrui esistenza

“…di me cosa rimane

se sono relegata

nella torre d’avorio del silenzio?

 

La mia bellezza era la libertà

erano le parole – era la gioia- …”(Cosa rimane)

“ In fondo al lago tacciono le storie

e indifferentemente scorie e glorie …”  (Sfumate goemetrie)

Mi piace concludere questa mia brevissima nota con questa poesia dove ’immagine e la voce coincidano perfettamente per esprimere con intensa, ungarettiana semplicità l’amore per i luoghi familiari e il desiderio di trattenerli nel tempo, desiderio che ha generato un bel libro poetico da guardare, leggere, meditare.

Naturalmente queste mie sono solo alcune suggestioni tratte dal libro che contiene, come è ovvio, molto di più.

Tra_monti e lago

Questi sono i miei luoghi

 

ne conosco ogni angolo

fors’anche i fili d’erba

alberi vie sentieri

e nei muri scrostati

vi riconosco i tempi

ora cristallizzati

 

Aspiro dai tramonti

luce ed echi di voci

con le placide acque

a far da sentinelle

vivo tra monti e lago

ogni istante ogni dono

 

Sono questi i miei luoghi

 

 

 

 

Resistenza n.4

Graffito di SHAMSIA HASSANI

Decisa, del piede sulla punta

in bilico, sugli ingranaggi

della guerra che

girano e triturano

girano e triturano

In estensione, come per una danza

sugli ordigni sanguinosi

della guerra che

esplodono e triturano

esplodono e triturano

Protesa, graziosamente

verso un sogno di fuga

dalle ruote dentate

della guerra  che

rotolano e triturano

rotolano e triturano

Oltre i tetti

oltre il cemento

del carrarmato

oltre l’orrore

Una piuma!

Staccarsi

librarsi

elevarsi

sopra questa

reiterata

crudelissima

del tutto inutile

inutile inutile tortura

Ma

nella testa girano

le ruote dentate della guerra

e mi triturano

1 febbraio 2023

SPOT

COPERTINA HAIKU

 

libro 10 x 15 da borsetta, dal costo di 10 euro.

Grazie alle sue dimensioni e alle sue pagine dal contenuto sintetico e definitivo, si può leggere in   bus, tram, treno, nave, aereo, negli ambulatori medici, durante ogni tipo di fila e/o di momenti di attesa.

I brevi componimenti, che nel loro insieme risultano quasi un commento poetico al calendario dei giorni,  possono far “vedere” e perciò “apprezzare” le piccole cose del mondo, indurre alla meditazione  e pacificare.

PER ACQUISTARLO:

si trova nelle seguenti librerie virtuali:

YOUCANPRINT

 

MONDADORI STORE

 

LA FELTRINELLI

 

IBS

 

LIBRERIA UNIVERSITARIA

 

EBAY

 

AMAZON

 

ALTRI

 

 

E’ ARRIVATO IL PICCOLINO

20221220_175234

 

E’ arrivato il piccolino  nel giorno ben augurale del Solstizio d’inverno, che è anche il giorno in cui mia nipote Alice  compie 18 anni.

E’ arrivata questa nostra creaturina fatta in casa e auto pubblicata con Youcanprint.

Comunque un vero e proprio libro dotato di codice ISBN, elegante nella sua semplicità.

 

Autrice degli Haiku: io

Autrice dei 10 disegni interpretativi: mia nipote Alice   

Consigliere ascoltato riguardo l’auspicabile brevità dell’Introduzione e l’essenzialità della copertina, nonché tecnico per la trasparenza delle immagini: mio figlio Emiliano, padre di Alice  

 

Come ogni volta la genitrice, dopo il parto, è soddisfatta.

 

Intanto ne farà dono a parenti e amici.

Poi spera proprio di convincere qualcuno (meglio tanti) all’acquisto.

 

Pomeriggi perduti

MICHELE NIGRO

POMERIGGI PERDUTI

Kolibris, 2019

9788899274511_0_424_0_75

…Arditi tizzoni ardenti schizzati dal braciere/di Poesia/ustionarono la pelle della dimenticanza/…

Corposa, coinvolgente, con un risuono classico di fondo la raccolta di poesie Pomeriggi perduti del poeta campano Michele Nigro, convinto sostenitore del valore della poesia, parola-verbo d’anima che registra il tempo e i tempi, eternandone gli attimi comunque e nonostante, anche a sua insaputa.

“Non sarà ora che le vedrai/mentre ti chiedo di leggerle/ma in un giorno qualunque/venute fuori per caso…/ritornerai su parole ignorate/ come è normale che sia/ da rimasticare/eppure sempre presenti/tra pazienze impolverate/e le cose da fare/senza pretese, a sperare di essere/
se stesse, nient’altro che verbi d’anima/amate per quelle che sono/umili/silenziose/già eterne a loro insaputa”.
 (Poesia a sua insaputa)

“ …la Natura/cattiva e giusta/inventò la Morte. /Ma l’uomo/condannato a finire come tutte le cose finite/scoprì il sacro fuoco della parola./Arditi tizzoni ardenti schizzati dal braciere/
di Poesia/ustionarono la pelle della dimenticanza
.” (Fuoco eterno)

Invano si cerca un filo conduttore tra un testo e l’altro della raccolta. Ogni poesia si presenta in se stessa compiuta, con le sue argomentazioni e la sua forma, adattata al sentire del momento. Colpisce il discorso spesso serrato e ipotattico, colpiscono le numerose metafore, talvolta estreme. Il filo che potrebbe unire le singole opere può essere, come afferma lo stesso Nigro in un’intervista, la vita. La sua/nostra vita fatta di esperienze, emozioni, ricordi, pensieri, visioni critiche della società contemporanea, il tutto espresso con virile spietato realismo.

In Epitaffio, dedicata a Edgar Lee masters, si presenta come un poeta  “appartato”, proiettando se stesso in  Herman Coluccio, un personaggio di fantasia:

….”Qui Herman Coluccio,

seduto in quest’angolo

del West virginia

guardando le case

dei vivi, le cose dei morti

e la campagna dei padri

in ogni stagione voluta da Dio,

ha forse vissuto

le ore più serene

(non diciamo felici)

Della sua apparente-

Mente

Inutile esistenza

In compagnia delle fredde stelle

e di un sigaro infinito

fumante parole”.

 

C’è miglior epitaffio

Per un poeta appartato?”

In effetti, scorrendo i vari testi, emerge la figura di un uomo che vive in un luogo che sente poco stimolante, ma che, nella sua ricercata solitudine, si tiene in costante dialogo con i vivi e con i morti, con la gente semplice e con i grandi della letteratura; e, come Herman Coluccio, si concede il piacere di trascorrere “pomeriggi perduti” in compagnia di un sigaro infinito, fumante parole.

Ci dà conto  del suo approccio all’esistenza l’ ex ergo con i versi di Walt Whitman che invitano ad accettare il potente dramma della vita solo per il semplice fatto di esserci e poter ad essa apportare un verso: una specie di nichilismo attivo, quindi, che gli permette di dedicarsi alla letteratura e alle cose del mondo, nonostante sappia che non c’è niente per cui davvero valga la pena muoversi.

E allora eccolo “apportare versi alla vita”.

La vita e il viaggio: ignoto viandante anonimo che, dentro una pieve di riviera, immagina tutti, nel tempo, gli “ ignoti partenti su legni” che l’hanno visitata; oppure , viandante in fuga verso città sconosciute, “di notte o svegliando albe”.

La vita e l’amore, vissuto come una guerra “…mi occupi sovrana/con truppe di ricordi…” o con disincanto “…E ogni volta fingeremo di non ricordare le speranze appassite…”.

La vita e l’amicizia, nei bei ricordi di gioventù come in Caffè Albania; o nel dolore per la perdita di un amico “…statue di sale/si sciolgono/disarmate/sotto la pioggia/dell’esistere”(Amico che voli)

La vita e la storia, sentita come un agglomerato di morti le cui tracce e presenze persistono intorno a noi vivi come ombre con sbiadite forze “Ombre scivolano/leggere e bambine/sui passamano tarlati,/al di là delle datate lapidi/dove siete tutti? “(Echoes)

La vita e la critica sociale, con l’invito a liberarsi del modo di vivere contemporaneo, sempre attaccati all’informazione e sempre staccati dal mondo naturale nella poesia Pomeriggi perduti, che elogia la lontananza dalla “civiltà” contemporanea a favore di un ritorno alla verità semplice delle cose del mondo: il vento, le nuvole, le piogge, gli alberi, gli uccelli. Solo questo ritorno potrà salvare dalla siccità interiore.

“Spegnete i saperi elettrici di sera
i confortanti aggeggi le reti a maglie larghe delle bugie a colori,
i fogli stampati destinati all’oblio
a traslochi incartati con titoli scaduti.

Spegnete tutto!
La verità custodita
senza proclami
dal vento d’estate
da nuvole nere
e salvifiche piogge
a mitigare arsure
a decifrare siccità interiori
si poserà come unguento sulle ferite della mente offesa…”
(Pomeriggi perduti)

La vita e la natura, presente in molti testi ad addolcire i sentimenti negativi o rasserenare totalmente come nella bella Orchestra da campo tutta dedicata agli uccelli e al loro canto.

 La sua vita, studiata e descritta bizzarramente con il metodo delle datazioni fossili nell’originale   Dendrocronologia

“Circa 540 mesi/16.200 giorni/388.800 ore/23.328.000 minuti/ 1.399.680.000 secondi fa/
giunsi per caso su questo pianeta. /Eppure già esistevo slegato e sconosciuto nei suoi elementi diluiti dal tempo…”

La vita e i luoghi dell’anima: intense le poesie (Poesia triviale di amore e morte, Opere sparse nel tempo, Grado celsius, Bisaccia, Vox populi, Le cose belle di sempre, La casa senza noi) che dipingono quadri di vita della gente della sua terra, dove lo stile si fa ancora più metaforico e sintetico.
“…tra le vie di quartiere, cerca casalinghe vedette/in vestaglie macchiate di figli/senza più il filo della lama smussato dal ripetersi/e dalla moda dei metoo.”
 (Vox populi)

“…la casa lasciata sola/non vissuta da aliti umani vapori di brodo sui vetri/e caldi sospiri di stufa./Tra queste quattro mura inanimate si rifugia forse lo spirito/della storia che non conta/
il tempo/perché tempi non conosce?
…(La casa senza noi)

Sembra esserci nell’autore, sotto l’atteggiamento di disincanto, come una frattura profonda tra l’uomo di provincia che ama  il borgo, la sua gente e le tradizioni e l’uomo urbano che ama affrontare le città sconosciute prima dell’alba in pienezza di libertà, e che non riesce a conciliare questa due aspetti di se stesso, tanto che torna sempre al suo “buen retiro”, sentendosi però in esilio. E’ la voce di un’anima in sospensione tra due paradigmi storici, tra due epoche portatrici di differenti valori. Non sceglie tra l’una e l’altra, sceglie di essere se stesso, in bilico, ma deciso a restare autentico, a non farsi piegare dalle illusorie promesse di una società tecnologica e consumistica.

Pomeriggi perduti  di Michele Nigro è una raccolta poetica da leggere e rileggere, gustare e meditare.

(Franca Canapini)

Biografia

Michele Nigro, nato nel 1971 in provincia di Napoli, vive a Battipaglia (Sa) dal 1978. Si diletta nella scrittura di racconti, poesie, brevi saggi, articoli per giornali e riviste… Ha diretto la rivista letteraria “Nugae – scritti autografi” fino al 2009. Ha partecipato in passato a numerosi concorsi letterari ed è presente con suoi scritti in antologie e periodici. Nel 2016 è uscita la sua prima raccolta poetica – che ama definire “raccolta di formazione” – intitolata “Nessuno nasce pulito” (edizioni nugae 2.0). Ha pubblicato “Esperimenti”, raccolta di racconti; il mini-saggio “La bistecca di Matrix”; nel 2013 la prima edizione del racconto lungo “Call Center”, nel 2018 la seconda edizione “Call Center – reloaded” e la raccolta “Poesie minori. Pensieri minimi”. Nel 2019, per i tipi delle Edizioni Kolibris, viene pubblicata la raccolta di poesie intitolata “Pomeriggi perduti” (collana di poesia italiana contemporanea “Chiara”), che è anche il nome del suo blog.

UNA RECENSIONE INASPETTATA DI SEMI NUDI

GRAZIE GEMMA MONDANELLI!

Semi  Nudi

Franca Canapini

Ed. Puntoacapo Collezione letteraria, 2021

 

Un anno a passi leggeri sulla terra, la sezione di esordio delle poesie di Franca Canapini è allettante perché fino da subito ci fa sognare quel connubio fra essere umano e natura che raramente costituisce  la poetica moderna,  mentre è stato il motivo di fondo di tanti poeti classici, in primis il Pascoli.  Con una certa emozione quindi, che non è solo nostalgia, ma riscoperta di un mondo naturale che da sempre teniamo stretto nell’animo, ci accostiamo a questi componimenti poetici  nei quali  è bello vedere riaffiorare con le parole dolci, evocative di una donna sensibile  un mondo familiare e domestico che ha creato un substrato creativo per una vita successiva, ricca anche di esperienze diverse:

Lilla

Mi ritrovi in questo spiovere di luce ché l’acqua indecisa

resta in infinitesime gocce sospesa e si arcobalena

quando ai bordi della strada sterrata fragili

                s’aggirano le chioccioline tra le campanule rosa

e la vitalba s’allunga arricciando i germogli alla luce ubriaca

Sono ancora io la ragazza ai libri seduta fremente

                                           di tanta bellezza inquieta…

E’ un mondo antico quello che è evocato, un mondo fatto di cose semplici, di osservazioni delle piante, degli animali, di valori profondi che sembra essere superato dalla vita moderna, a volte troppo fredda nella sua tecnologia, ma che invece resta  come imprinting nelle persone che l’ hanno vissuto anche  come eredità da trasmettere:

 

Sera di primavera

 

In una sera così

di mezza luna e qualche stella

d’alberi tutti in fiore tra le luci

nell’aria che s’intenera

non si dorme e non si veglia

cullati dalle ninne degli uccelli

quietamente si trasogna

 

 

In una sera così

ci facciamo aria

erba fiore

nulla

La poetessa non è soltanto (e già sarebbe molto) la donna dei passi leggeri sulla terra, ma è una donna con una personalità dalle molteplici sfaccettature e in questo libro di poesie ci dimostra tutta la ricchezza del suo animo, tutta la ricchezza di una vita vissuta con consapevolezza: a contatto con la natura, ma anche a contatto, sempre vigile e presente, con il mondo che si evolve, con la storia che cammina, marcia incessante verso il futuro.

 

Lavoratori anonimi

                 ai lavoratori sfruttati

 

La piazza del nostro paese gremita di gente

la banda i suonatori in divisa

gli ottoni brillanti

e Tu e noi fra rosse bandiere e  i canti

Compagni avanti! Avanti!

 

 

Avanti per le curve del cimitero

verso un Primo Maggio in festa

nel bosco fresco dei castagni

Avanti avanti!…nostro è l’avvenir

 L’autrice desidererebbe sicuramente un futuro migliore, ma intanto si rivolge ad osservare la società che cambia, i lavori degli uomini, dedicando i suoi versi ai tanti personaggi incontrati, a chi ha suscitato la curiosità nel suo animo. Franca è una poetessa che non è stata soltanto a guardare, ma ha partecipato attivamente alla vita sociale, convinta che soltanto l’impegno etico individuale possa creare nella società quella unione di intenti che sta alla base dello sviluppo audace e provvido del diritto alla vita.

Le successive sezioni di questo libro di poesie, sia Nella casa della matrioska che ne La Sibilla del sogno, le parole si fanno incalzanti, si ripetono in un ritmo veloce quasi a giustificare il sogno che diventa realtà e si perde nei meandri della vita, consapevole della forza e del coraggio con cui si è imposto.

Il vissuto della poetessa, ora che molte fasi della sua esistenza sono trascorse, le riempie le mani di tante monete: d’oro o d’argento, di quei valori che sono serviti ad avere  rispetto di se stessa, a vivere con dignità, conservando quei  ricordi della terra madre  che sono sempre stati alla base  della  sua  avventura  di vita.

E’ un modo quello di Franca di scrivere per lasciare una traccia, ognuno di noi vive tante vite, ognuno di noi è tante cose, c’è una tristezza finale di non aver fatto di più, di avere visto tanti orizzonti, di averli quasi toccati con mano per poi capire che non era possibile raggiungerli, ma nonostante questo c’è anche l’orgoglio di non essersi mai tirata indietro e di avere ancora del tempo prezioso per crescere nella consapevolezza delle sfaccettature di senso e di significato che ci offre l’esistenza.

Visione

Protesa nel futuro

un brivido improvviso

mi farà voltare indietro.

 

Allora vedrò i miei fiori

ardenti, in vortice glorioso

sfuggirmi e scomparire

nel risucchio

inesorabile del tempo

 

il nulla della luce/ il vuoto del momento

 

come fosse stata un’inezia

l’immane vertigine di senso

 

E nell’inesausto silenzio

per tanto per poco

l’anima inizierà nuovo concepimento.

(F.C.)

 

Gemma Mondanelli

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Poesie future

CARLA MALERBA

POESIE FUTURE

Puntoacapo, 2020

poesie future di carla malerba

…Noi qui/ siamo sospesi/come finestre spalancate nella notte…

 

 

 

Carla Malerba, in queste sua nuova raccolta POESIE FUTURE, ci sorprende in apertura con una decisa dichiarazione di intenti poetici e di poetica, avvertendoci  già su cosa il lettore potrà trovare nel libro. Nella poesia che apre la raccolta, infatti, afferma che cercherà di non farsi dominare dalle “immagini aperte” perché per lei è

“…meglio la chiusa parola

che travesta il mistero

meglio celare il pensiero

di ciò che tocca a ciascuno.”

 

Sceglie, dunque, di esprimersi tramite quella “chiusa parola” che rimanda agli antichi poeti provenzali del trobar clus e all’ermetismo moderno, sceglie una poesia talvolta di difficile decifrazione. Ma in lei questa non sembra una mera scelta estetica bensì  una sentita necessità della sua anima schiva, che prova pudore a mostrare “ciò che tocca a ciascuno”, in altre parole il dolore, come lascia intendere nei versi   “…dai giorni chiari/ si è compiuto il distacco, ne prendo atto/ e cerco/ la parola che non dica …”

 

Questa sua innata ritrosia la porta all’uso di una parola lieve e velata, ad un raffinato nascondimento che si traduce in versi delicati e rarefatti, la cui malinconia ci tocca dolcemente.

“…Simile alla fuga del capriolo incauto/è quella del cuore/per sottrarsi ai sortilegi dell’ombra…”

E anche lo straniamento che la sua chiusa parola può produrre nel lettore, conducendolo fuori dalla realtà consueta a perdersi nei significati possibili dei versi, è autentico, perché nasce dalla straniamento esistenziale che lei stessa prova, nel sentirsi senza patria, “estranea” al qui (l’Italia dove vive) e al lì (la Libia dove è nata) e che sortisce versi struggenti “…Oggi nessun paese/ho nel mio cuore./Di colonne stagliate/su azzurri di acque e di cieli,/di strade segnate dai millenni/era ricca la mia terra…”

Percorriamo il viaggio poetico di Carla consistente in quattro lunghi passi (Straniamenti, Dove nulla si perde, Se vuoi ti cerco, Ritorni) con la sensazione di trovarci in un cielo stellato, fitto di stelle più grandi o più piccole, tutte però molto luminose. Ammiriamo la sua capacità di dipingere con poche essenziali parole atmosfere stagionali, come accade nel suo raccontarci l’estate “…Giallo il sole,/lontano un abbaiare,/una sedia nel mezzo della stanza,..”; ma anche l’abilità di restituirci iconici ritratti di persone impresse nella sua mente, come Vera di Oporto o il “gigante buono” “……gigante buono, in sella/alla sua harley, /quante volte si era fermato/ sui bordi delle strade/a raccogliere margherite,/senza mai avergliele date…”

Ci colpisce il suo modo di raccontarci la  luna, “Così bianca e nebbiosa/la luna/deve sapere di trielina…”“…forse la lama di luce/ che si posa/ti rivelerà quanto può costare/un notte di luna. Tanto di struggimento e di dolore…” e ci fa pensare che, se anche per lei la luna fosse  simbolo della poesia o della sorgente dalla quale sgorga, allora con questi versi potrebbe volere comunicarci che la poesia non è solo piacere di esprimersi e bellezza, ma soprattutto mistero e tormento.

In molti testi si rivolge ad un misterioso Tu: è inutile cercare di scoprire la persona reale che potrebbe stare dietro a quel tu.  Come ci dice il critico Daniele Piccini nel suo saggio La Gloria della lingua, il tu, da Leopardi in poi, rappresenta l’alterità, serve ai poeti per “definire il senso di sé, delle cose e del mondo”, può essere perciò un ricevente immaginario che gli permette il superamento della solitudine e del mutismo nella finzione di un dialogo potenziale. E in effetti sembra che i vari tu di Carla le siano necessari ad esprimere i moti del suo animo inquieto, i quali, sorprendentemente, possono passare all’improvviso da un estremo e vitale realismo alla riflessività contemplativa  e viceversa.

Tutti ci possiamo riconoscere nell’inquietudine esistenziale di Carla Malerba, condensata in questa sua immagine

…Noi qui/ siamo sospesi/come finestre spalancate nella notte… 

con la quale ci presenta la condizione degli esseri umani, esposti ai continui cambiamenti interiori ed esteriori, alle avversità, alle calamità e perciò “sospesi”, nell’ attesa inquieta che succeda qualcosa. Ciò nonostante, simili a finestre aperte, sempre alla ricerca di una irraggiungibile verità che sveli il mistero del mondo (la notte) e  dia pace.

Però, oltre la condizione umana precaria, esposta ai cambiamenti continui, alle perdite e al dolore c’è, per chi la sa vedere e trovare, la dimensione appagante dell’anima del mondo; là  la poetessa sa inoltrarsi e giungere a quella/questa eternità mobile, “dove  nulla si perde”. Questo conforto ci dà Carla Malerba con la poesia, per me, più spirituale e toccante della raccolta, con la quale chiudo le mie brevi note.

Tu sei

Dove nulla si perde del vissuto

E di vissuti diversi ti alimenti,

non nell’angusto spazio

delle case di pietra

al cui richiamo cedo talvolta

per trovarti,

ma nell’anima del mondo

con tutto ciò che è stato dato

di pollini, di suoni e di silenzi,

di tempeste e di quiete,

di tempi e mutamenti

come dono.

 

 

Scheggia n. 47

Dieci tortore

dopo il tramonto

Dieci tortore sulla cima

del cedro più alto

Dieci tortore

dal collare nero

si posano e volano

a piccoli cerchi nel cielo

Dieci tortore

dopo il tramonto

giocano

a chi farà dondolare

il rametto più alto

Ma quando cala la sera

nove tortore

si sparpagliano in aria

nove tortore

volano dentro l’oscurità

Solo una tortora resta

annidata sulla cima del cedro

aspetta assorta la luna

sorgere in cielo

F.C – Inedita

(scenetta vera vista o meglio contemplata qualche sera fa)

Scheggia n. 46

Giotto_(attr.),_madonna_di_borgo_san_lorenzo,_1290_ca

E’ stato il tempo mamma

il tempo che tutto travolge e trascina

il tempo che scorre veloce

il tempo che obbliga  

a non stare mai fermi

a lasciare e partire

Lui mi ha staccato da te

Avevo un talento da spendere

 da imbastire una storia

la mia vita da vivere

Il tempo mi obbligava

a salutare il tuo seno

rinunciare al dolce conforto

per essere me

,Ma vedi?

 Ti ha lasciato

le mie mani piccine

 una ce l’hai ancora poggiata sul viso

La senti? Lo so che la senti  

E l’altra che  stringe il tuo dito

ti  è rimasta attaccata

 come quando ero bambino

e cercavo protezione da te

Tu non sai dove sono

ma sai che ti porto con me

perché l’amore può cambiare stagione

ma brucia e riscalda oltre il tempo

e abita sempre la casa del cuore

NO ARMI NO GUERRA

images

Occorre uno sforzo di volontà per riprendere il discorso delle guerre e della pace. Ormai ognuno di noi è tornato alle proprie occupazioni e cerca di non pensarci troppo. Del resto si deve pur vivere noh! e tra pandemie, guerre, cambiamento climatico, potremmo dire con   il poeta “…altro bene non seppi, fuori del prodigio/che schiude la divina Indifferenza…”

Era d’inverno. In televisione trasmettevano le immagini di certi omini in tuta bianca che sembrava giocassero sui campi di neve ai confini dell’Ucraina, quasi degli spiritelli semoventi, un po’ grotteschi ,un po’ fantasy.

Dell’Ucraina sapevo poco come di gran parte dei territori (o dovrei dire stati?) del mondo.

Da ragazzina avevo letto storie a fumetti ambientate nel bassopiano sarmatico, tra campi di grano e distese di girasoli e un libro di avventura sui cosacchi; da grande avevo saputo che l’Ucraina era territorio ricco e fertile, il granaio dell’impero russo e che dopo il crollo dell’impero sovietico era diventata una repubblica indipendente, esattamente il 24 agosto 1991. Sempre potenzialmente ricco naturalmente. Eppure molte le badanti ucraine in Italia. Non mi ero chiesta perché.

Avevo anche intraletto in un ambulatorio medico un articolo raccapricciante su certe bande neonaziste che si esercitavano nei boschi d’Oriente, corredate da foto di fustoni tutti muscoli, tatuaggi e armi che mi sembrarono fuori luogo, fuori tempo e molto pericolosi. Ma, vedi il pregiudizio!, avevo pensato all’Ungheria di Orban piuttosto che all’Ucraina.

Per quel che riguarda la Russia mi ero persa la storia degli ultimi decenni però avevo visto un documentario su Putin: chi era, come aveva preso il potere, come lo gestiva, di chi si circondava.

Naturalmente Berlusca lo ospitava, diversi politici italiani erano suoi amici e dalla politica e finanza internazionale non sembrava essere considerato il lupo della steppa o l’orso che improvvisamente esce dalla taiga per sbranare il mondo. Nell’olimpo politico lo conoscevano tutti molto bene e certo molto meglio di noi semplici cittadini. Ergo erano tutti in grado di prevedere e prevenire le sue mosse.

Nel 2021 avevo applaudito alla fine ingloriosa con tanto di tentativo di colpo di stato di Trump e, in mancanza di meglio e di più giovane mente,  avevo pensato che biden fosse un democratico imperatore accettabile. Questo fino all’esodo quantomeno vigliacco dall’Afganistan con il quale gli states hanno finito di triturare il popolo afgano.

Bene, all’epoca degli agitati spiritelli bianchi, costui cominciò a tuonare dall’altra parte del mondo   allarmi e allarmi di un sicuro attacco russo, senza minimamente cercare di intendersi con putin. Attacco o invasione che alla fine avvenne.

Vedemmo il giovedì 24 febbraio un putin  che dichiarava l’invasione dell’Ucraina di zeleski.

Ai miei occhi era una fatto incredibile. Ma dovetti crederci.

Quel giorno mi aspettavo che tutti i capi politici del mondo insieme all’ONU fermassero immediatamente la guerra  e s’impegnassero con totale convinzione in trattative diplomatiche serie, chiedendosi quale potesse essere il male minore.

Perché il male minore NON POTEVA e NON può essere quello di mandare al macello un intero popolo e chissà quanti giovanissimi soldati per lo più inconsapevoli.

Invece, quel giorno solo un certo FRANCESCO si è mosso determinato a chiedere e ottenere la pace ma…

È stato lasciato solo.  E da coloro che giurano e spergiurano d’essere cristiani (anche costoro senza lettera maiuscola).

Poco dopo un di maio dichiarò che si sarebbero impegnati per le trattative di pace, ma che la diplomazia ha tempi molto lenti. Io ero stralunata, stravolta. Nei giornali e in tv era già iniziata l’”informazione dei tempi di guerra”. Tutti i giornalisti allineati a dare notizie strappalacrime, strappacuori, strappascoop e intanto in Ucraina c’era la guerra, quella vera, quella   sempre uguale. I potenti al riparo, il popolo esposto e si salvi chi può. E mentre i produttori di armi si rimpannucciano e si fregano le mani, stupri, torture, abbattimenti,  impiccagioni, derisioni del nemico,  morte per fuoco,  morte per fame, per mancanza di cure, per troppo freddo, per troppo caldo.  Gli alleati nato inviano armi e promesse “dopo vi ricostruiremo tutto” e, dietro i politici, gli imprenditori si fregano le mani e già pianificano i futuri interventi.

Ci siamo abituati anche a tutto questo. Oggi 9 luglio a quattro mesi e mezzo dalla guerra, ci siamo abituati alle case sventrate e alle città fumanti, ai profughi che piangono o non piangono, a putin che non demorde, a zelenski che, dopo aver messo fuori legge 11 partiti e accorpato tutti i canali tv in una unica piattaforma informativa, chiede armi per difendere la libertà del suo popolo, ai nostri politici europei che gliele danno anche sottacendocelo e contravvenendo ali articoli della  Costituzione per fedeltà alla Nato.

Ma cos’è la Nato? Ha motivo di esistere dopo lo scioglimento del patto di Varsavia (Praga 1 aprile 1991)? Ha fatto qualcosa di buono nel mondo e per il mondo in questi ultimi decenni? Non era meglio sciogliere la nato e modificare l’organizzazione Onu perché potesse funzionare?

Infine, questi dirigenti politici mondiali stanno davvero impegnandosi per le trattative di pace?

A me pare che siano impegnati a ordinare più armamenti possibili. Il nostro governo ha scelto di incrementare entro il 2024 le SPESE MILITARI del 2% del PIL e ciò significa che si passerà da una spesa annuale di 25 miliardi a 38 MILIARDI DI EURO.

Ma che bello! Potremo scannare anche il fratello! La patria è forte la difenderemo fino alla morte!

Intanto la Terra se ne frega delle nostre infinitamente piccole, infinitamente assurde questioni di principio: scioglie i ghiacciai, secca i fiumi, inaridisce i campi, chissà chissà…

Perché noi esseri umani non siamo tutti fuori dal nostro particulare, fuori, insieme! in tutte le piazze e strade del Mondo ad ESIGERE la chiusura delle fabbriche d’armi e la fine di tutte le guerre?

E se mi direte che questa è folle utopia, CHE questo è sogno da ingenui, beh…

allora non ci resta che aspettare supinamente la fine, continuando a pensare che il capitalismo liberista, fondato sulla tecnologia e la globalizzazione dei mercati, sarà in grado di risolvere tutti i nostri problemi.

(Franca Canapini)