LA GUERRA DEI FIORI

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Le fate, seppure invisibili agli occhi degli umani, si trovano dappertutto, lungo i corsi d’acqua e le rive del mare, dentro le foreste e negli anfratti rocciosi delle montagne, financo nelle città. Le più numerose però, raggruppate secondo il compito cui sono votate, abitano l’aria.
Le fate della Primavera, addette alla protezione dei fiori ad esempio, vivono in un gran palazzo di cristallo trasparente, sospeso sopra la terra come fosse un’enorme mongolfiera. Sono creature minuscole, ognuna ha la forma e i colori del fiore che protegge, ma a differenza del fiore è di cristallo come il palazzo e possiede un bel paio di ali per volare dal cielo sulla terra.
Queste fatine dormono nei loro lettucci per molti mesi all’anno, fin quando Regina Primavera, spalancate porte e finestre, comincia a fargli il solletico. Allora si stiracchiano un po’, socchiudono gli occhietti e si dispongono per l’annuale “guerra” dei fiori. Che poi più che una guerra è una gara a chi riuscirà a far fiorire più in fretta delle altre le proprie protette.
Di sicuro la più rapida in assoluto è Margherita che Primavera trova sempre sveglia e molto affaccendata. Infatti, sfidando la tramontana, è già planata sui prati e, impietosita dal loro triste aspetto grigiastro, li ha cosparsi di una miriade di ridenti sorelline tutte simili a piccolissimi soli bianchi dal cuore giallo.
Anche mammoletta è molto solerte; aperte le alucce viola, si precipita a volo sui luoghi più reconditi e selvatici; quindi si aggira intorno ai tronchi degli alberi, s’insinua sotto le siepi e sussurra:
“Mammoline, mammoline, schiudete la testolina e col vostro profumino dite in giro che sta arrivando la nostra regina”
Da sempre in gara con Mammoletta è Primula, la fata giallina, tanto che frequenta gli stessi suoi luoghi a volte seguendola a volte precedendola. Così in poco tempo boschi e scarpatelle si riempiono di ciocche di violette e chiazze luminose di primuline.
E proprio quando viole e primule sono in piena fioritura si alzano in volo anche le alberelle. Spinosina, più rapida delle altre, riveste di bianchi fiorellini tutte le brocche acuminate dei biancospini, poi Mandorlina, Pescuccia, Prunalba, Perina, Melina e Cerasella inondano di teneri petali frutteti e giardini.
E appena la regina posa i suoi piedi nudi sulla terra, ogni fatina si sbriga a far sbocciare anche il più infimo fiore anche la più minuscola piantina.
E’ la grande festa dei fiori; dovunque narcisi, giunchiglie, tulipani, margheritone dai rari colori, schiudono le corolle, spandendo per l’aria nuvole di dolci profumi in un concerto di api e calabroni eccitati.

Purtroppo nell’ansia di essere brava e efficiente ogni fatina vuole essere la più bella, la più profumata, la più veloce e, lo sappiamo, la competizione genera sempre problemi sociali.
Inutilmente la regina le esorta :
“Voletevi bene, tenetevi strette, non vi invidiate, non siate gelose, non sentitevi in gara, ricordate che ognuna di voi è bella e necessaria”.
Ma le fatine sono molto giovani e poco sagge per cui all’interno del palazzo spesso avvengono litigi e scaramucce, divisioni e alleanze. Il fatto più sgradevole succede quando un gruppetto si allea contro una sola fatina e inizia a infastidirla.
E’ quello che successe tempo fa a Rosina, un’umile fatina rosa, con solo cinque petali scoloriti intorno al bottone giallo e un po’ di spine dietro le quali nascondere la sua timidezza.
Non avendo molta stima di sé, se ne stava appartata e faceva fiorire le sue pianticelle nei luoghi disdegnati dalle sorelle. Tuttavia o forse proprio per questo Callona, Ortensia, Glicinella, Garofanina, Petunia, Papavera, Camomilla, sue compagne di fioritura, cominciarono a deriderla e a inseguirla in volo urlandole dietro “scialba, inutile, sprofumata, segaligna, spinaiosa”. Non la lasciavano mai in pace, minacciavano di romperle le ali, cercavano di farla sbandare, poi sghignazzavano della sua espressione spaventata.
La poverina, oggetto di tanta crudeltà, sentendosi sola e in pericolo, piangeva tutta la sua desolazione sfiorendo con le sue lacrime anche i propri fiori.
Se ne accorsero api e calabroni che, mentre succhiavano beati il nettare dentro le sue corolle, lo sentirono diventare improvvisamente amaro.
Il capo calabrone Beppe ronzò più forte:
“Cosa ti succede Rosina cara?”
“Non sarò mai bella e profumata. Nessuno mi ha mai amata. Per questo mi scacciano e deridono le sorelle.”
“Quali sorelle – brontolò il calabrone – le sciocche papavere cattivelle?”
“Quali sorelle – ronzarono le apine – le addormentate camomilline?”
“Quali sorelle – soffiarono appena appena le farfalle – tutte queste crudeli bulle?”
“Tu non sei una rosa spetalata, sei una bella rosa canina che ingentilisce a maggio la pianura e la collina. Non piangere, non disperarti, ti aiuteremo noi. Diffonderemo il tuo polline, lo incroceremo con altri pollini e vedrai cosa può venire fuori da una rosa canina!!! – promisero in coro le apine.
Anche il vento, che fino ad allora era rimasto invisibile, con una leggera brezzolina le asciugò le lacrime, soffiandole sulle ali una promessa:
“Non temere dolce Rosina, sarai felice già da domattina.”

E così fu. Complice il vento, api e calabroni diffusero e incrociarono per l’aria tutto il polline delle rose canine con quello di certi fiori misteriosi che conoscevano solo loro ; così le rose, in un solo giorno , gonfiarono i calici e produssero innumeri semi che caddero e affondarono nella terra, scomparendo.
“Ora ci vuole un’altra magia – dichiarò l’ape Gelsomina, sbadigliando per la stanchezza.
“Certamente – rispose Beppe il calabrone e, spinto dentro la terra il pungiglione, pronunciò l’incantesimo:
“O semi!, senza bacchetta, senza bastone vi comanda il vostro stregone. Mentre la luna illumina la notte, mentre le stelle fanno l’occhiolino producete pianta e bocciolino, che possa schiudersi al primo raggio del mattino.”
Così…all’alba del giorno dopo, quando, timorosa e schiva come sempre, Rosina scese a curare le sue pianticelle… Che sorpresa, che grande sorpresa!!! Molte rose canine avevano cambiato aspetto, trasformandosi in splendidi fiori profumatissimi dalle grandi corolle e dai rari colori.
Le sue nuove rose avevano conquistato tutto il paesaggio: ce n’erano di dritte e rigogliose nei giardini, a ciuffi nei vigneti, arrampicate ai muri delle case, a cuscini ricadenti sopra i muretti. Troneggiavano ovunque, carezzate dalla luce, sfiorate dalle ali delle farfalle, stordite dal gran concerto ronzante degli insetti, mentre tutti gli altri fiori le osservavano in silenzio stupefatti.
Rosina non riusciva a crederci. Per molto tempo contemplò senza fiato tutta quella bellezza, poi cominciò a percepire come una fiammella dolce e caldina che dal torace si stava diffondendo in tutto il suo corpo, illuminandola. Era la gioia che come una lampada interna la faceva rilucere, rendendola splendida quanto i suoi fiori.

Quella sera, a lavoro terminato, Primavera, soddisfatta delle nuove rose, organizzò una grande festa danzante in onore di Rosina che illuminava tutte le fatine con la sua bellezza interiore. Alla fine anche le papavere e le camomille l’abbracciarono, scusandosi per l’orribile comportamento che avevano tenuto nei suoi confronti.
Il vento si fece largo tra le fatine danzanti, s’inginocchiò davanti a Rosina e le soffiò dolcemente:
“Vuoi venire con me a visitare la notte delle lucciole e del gelsomino?”
Rosina non se lo fece ripetere, salì sulla schiena del vento e scomparve con lui nella notte.
Era di maggio e sulla terra il rigoglio dei fiori inteneriva anche il cuore e la mente degli umani.

FRANCA CANAPINI
10 APRILE 2024

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